Nel 2007 ero iscritta al terzo anno di università, ciò che studiavo mi appassionava e avevo ottimi voti. Però, ad un certo punto iniziai a non riuscire più a concentrami sui libri, a studiare, né tanto meno a dare esami, mi sentivo letteralmente bloccata.

Questa situazione si protrasse per alcuni mesi e iniziava ad essere fonte di sofferenza. Decisi allora di rivolgermi ad una psicoterapeuta. Le spiegai i miei problemi di studio, di come, per quanto lo desiderassi, non riuscissi più a studiare e di come a causa di questo blocco, stessi rischiando di andare fuori corso.

La psicoterapeuta, cominciò a farmi domande sulla mia infanzia e i miei genitori, partendo dal presupposto che, i mie problemi con lo studio, dipendessero da ipotetiche esperienze traumatiche pregresse. Così facemmo tante sedute in cui il focus era tutto sul passato, sicuramente interessanti, ma il tempo passava e io non riuscivo ancora a riprendere a studiare, anzi, ora la mia attenzione era tutta rivolta al passato e la risoluzione del mio problema di studio sembrava passata in secondo piano.

Grazie alle sedute avevo sicuramente aumentato la consapevolezza di alcune dinamiche personali e familiari, ma io avevo la necessità e l’urgenza di lavorare sulle mie difficoltà presenti, avevo bisogno di strategie pratiche per tornare finalmente a studiare, purtroppo non ebbi nulla di tutto questo. Inutile dire che andai fuori corso.

Alla fine del percorso universitario feci il consueto anno di tirocinio post lauream, assistevo alle terapie affiancando gli psicoterapeuti, ma anche quelle esperienze furono per me deludenti, mi sembrava che i bisogni dei pazienti non fossero realmente ascoltati. Ero molto delusa dalla tradizionale figura dello psicologo-psicoterapeuta.

Disillusa dal mondo della psicologia tradizionale dopo l’esame di abilitazione alla professione decisi di fare un’esperienza all’estero in un settore molto diverso.

Poi, quasi per caso, lessi un libro “L’arte del cambiamento” di Paul Watzlawick e Giorgio Nardone , fu una rivelazione per me. Di lì a poco ero iscritta alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Breve Strategica di Arezzo.

Ho deciso di formarmi in Terapia Breve Strategica e di utilizzarla nel mio lavoro, perché mantiene ilfocus sul presente, perché si, forse i problemi sono stati causati da ciò che è successo nel passato, ma vanno risolti oggi. Il terapeuta strategico fin dal primo incontro, definisce sia il problema, sia l’obiettivo da raggiungere di comune accordo con il paziente.

Poi vengono individuati i blocchi, i comportamenti e i pensieri che mantengono in vita il problema; vengono date prescrizioni e indicazioni da mettere in pratica tra una seduta e l’altra per iniziare a lavorare da subito sul problema presentato o sull’obiettivo da raggiungere.

Perché il superamento di un problema psicologico non deve necessariamente essere lento e sofferto, e soprattutto lo si può affrontare con il supporto di una persona competente che, come un timoniere esperto su una nave nella tempesta, accompagna e guida la persona nel processo di cambiamento.