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Sono circa 10 milioni gli italiani che hanno vissuto almeno una volta l’esperienza di un attacco di panico. Un evento che per molti resta isolato, per altri può però trasformarsi in un vero e proprio disturbo, infatti oltre 2 milioni di persone hanno sviluppato un disturbo di panico con attacchi ripetuti ed ansia (dati Alpa).
L’approccio breve strategico ha messo a punto una serie di interventi specifici per il disturbo da attacchi di panico; questo approccio deriva dagli studi del gruppo di Palo Alto, poi messo a punto da Paul Watzlawick e Giorgio Nardone, presso il Centro di Terapia Breve Strategica di Arezzo.
Si tratta di un intervento breve, in quanto prevede un numero contenuto di sedute, che agisce a due livelli: 1. Elimina i comportamenti disfunzionali che rappresentano un problema per la persona che ha richiesto l’intervento psicologico.
2. Produce un cambiamento nella modalità con cui la persona percepisce e costruisce la propria realtà.
L’approccio strategico focalizza l’attenzione su “come” il problema funziona e si mantiene nel presente e su quali strategie disfunzionali (le cosiddette “tentate soluzioni”) vengono messe in atto e non sul “perché”, ovvero su presunte cause remote che di fatto non possono essere modificate a posteriori .
Quando negli anni ’80 il professor Giorgio Nardone si mise a studiare le persone che soffrono di un disturbo fobico o fobico-ossessivo si rese conto che tutte solitamente mettono in atto tre tipologie di tentate soluzioni:
▪ Evitano tutto ciò di cui hanno paura;
▪ chiedono aiuto e rassicurazione ;
▪ di fronte alla sensazione di paura tendono a voler controllare le propre reazioni finendo per perderne il controllo.
Nella biografia di persone che hanno sofferto di attacchi di attacchi di panico si può rintracciare una storia comune: queste persone per non sentire ansia ed emozioni che reputano negative iniziano ad evitare tutto ciò che le spaventa, ma evitamento dopo evitamento la paura cresce, perché ogni forma di evitamento conferma loro di non essere in grado di affrontare la situazione e il senso d’incapacità fa aumentare la paura. Di solito, queste persone chiedono continuamente rassicurazione e aiuto agli altri, confermando ancora di più a se’ stessi la propria incapacità, fino a diventare realmente incapaci di affrontare le situazioni.
Dopo aver avuto uno o più attacchi di panico, le persone iniziano a spaventarsi delle reazioni fuori controllo del proprio organismo, cercano di controllare tali reazioni, più cercano di controllarle, più ne perdono il controllo fino al tilt psicofisiologico che genera l’attacco di panico.
Così iniziano ad avere un timore preventivo delle reazioni psicofisiologiche che il loro organismo può avere di fronte a ciò che percepiscono come una minaccia e per evitare questo timore limitano sempre di più i propri spazi d’azione.
Quindi, il disturbo da attacchi di panico non è una semplice paura, ma deriva da una costruzione più complessa e articolata nel tempo che incastra la persona come fosse una tela di un ragno.
Queste osservazioni unite a ripetute sperimentazioni hanno portato il professor Giorgio Nardone a mettere a punto specifici protocolli di intervento per gli attacchi di panico, utilizzando stratagemmi terapeutici che interrompono o modificano le tre tentate soluzioni che alimentano la paura patologica fino al panico.
La persona viene guidata mediante esperienze guidate a costruire quelle abilità e capacità individuali che permettono di gestire il problema per superarlo efficacemente e definitivamente.
Questo è possibile grazie ad un’analisi attenta delle specificità delle tentate soluzioni disfunzionali messe in atto. Lo psicoterapeuta aiuta il paziente a bloccare le tentate soluzioni e poi a sovvertirle rendendole funzionali.
Vengono fatte sperimentare una serie di concrete esperienze emozionali, adattate all’unicità della persona e al suo specifico problema. La modificazione della percezione della paura porta gradatamente all’acquisizione dell’autonomia e della capacità di gestire la propria realtà.
Ad un cambiamento della percezione segue il cambiamento delle reazioni e successivamente della consapevolezza. Quest’ultima, infatti, giungerà solo ad esperienza fatta, quando sarà inevitabile per il paziente riconoscere le proprie capacità e le risorse attivate nel fare qualcosa che fino ad allora sembrava impossibile.
Spesso, le persone con un disturbo fobico possiedono una buona consapevolezza rispetto al proprio problema e alle sue cause, ma, l’incapacità sta nel fare effettivamente qualcosa di diverso.
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Dott.ssa Serena Fugazzi – Psicologa Psicoterapeuta a Bologna
specialista in Terapia Breve Strategica
Letture di approfondimento consigliate:
“La terapia degli attacchi di panico” G. Nardone, 2016.
“Non c’è notte che non veda il giorno – La terapia in tempi brevi per gli attacchi di panico”, G. Nardone, 2003.
“Paura, Panico, fobie – La terapia in tempi brevi”, G. Nardone, 1995.